Lo Spagnolo e il napoletano sono due lingue provenienti dallo stesso ceppo linguistico. Nel tempo, anche grazie ad una permanenza duratura della Spagna nella città di Napoli, le due culture sono entrate in contatto ereditando tratti linguistici simili o perfino uguali. Ecco come la lingua napoletana ha importato questi termini.
Spagnolo e napoletano condividono tratti distintivi di una terminologia vicina che mostra quanto le due culture siano state a stretto contatto. L’influsso spagnolo ha coinvolto la società e la lingua locale infondendo un lessico nuovo e talvolta confermandone di già presente. Di fatto, Napoli ha assorbito come per osmosi il linguaggio dei regni stranieri che nei secoli hanno governato la città e persino parte dell’Italia. Ma a cosa è dovuto questo scenario?
La lingua napoletana e il dominio straniero
Il napoletano è una lingua riconosciuta dall’UNESCO e oltre ad essere una variante dialettica italico-romanza, vanta un vocabolario vasto e singolare. Sin dal medioevo, infatti, fonti rivelano l’esistenza di questo idioma caratterizzato da fattori socio-culturali radicati e da costanti influssi stranieri. Di fatto, Napoli ha vissuto per secoli dominata da realtà esterne, così come l’Italia intera e ha subito forti influenze oltreconfine. Già prima dell’avvento dei romani e del cristianesimo, la città aveva instaurato rapporti con Atene e Siracusa. Il gioco di poteri vide prima gli Osci e in seguito un incessante cambio di guardia che ha interessato Normanni, Svevia, Angioini e Aragonesi.
Il regno spagnolo è di sicuro il più longevo e a dimostrazione di ciò basta vedere quanto il napoletano abbia ereditato in questo periodo storico. Infatti, oltre ad una condivisione linguistica è sorto anche un costume comune sempre più impregnato di tratti simili. Ad oggi, spagnolo e napoletano condividono ancora numerosi vocaboli, parole che resistono al tempo e alle antiche dominazioni.
Spagnolo e napoletano: le parole in comune ereditate
Un lascito prezioso ha consentito alla lingua napoletana di arricchire il suo vocabolario. Spagnolo e napoletano, entrambi lingue romanze, in contatto hanno condiviso più di quanto fosse possibile immaginare. Ecco una lista di parole in comune ereditate durante il periodo del regno di Spagna a Napoli.
- Tenere, da Tener, ossia possedere o avere. Ad esempio, tengo fame è come in spagnolo tengo hambre;
- Ammulà, da Amolar: arrotare;
- Palià, da Pelear e Apalear, per indicare percuotere o litigare;
- Palomma, da Paloma, ossia colomba;
- Tauto, da Ataud, ossia bara;
- Currea, da Correa: cinta o cinturone;
- Còsere, da Coser: cucire;
- Cuntà, da Contar: raccontare;
- Cammisa, da Camisa: camicia;
- Butteglia, da Bottella: bottiglia;
- Buffetton, da Bofetón: un forte schiaffo;
- Muntone, da Montón: tanto, un grande mucchio;
- Papiello, da Papel: un testo o documento cartaceo di grandi dimensioni;
- Passià, da Pasear, passeggiare;
- Maccaturo, da Mocador: fazzoletto;
- Ninno, da Niño: bambino;
- Scarfà, da Escalfar: riscaldare;
I termini in comune sono tanti, ma questa lista serve solo come conferma a quanto già accennato. Ecco quindi come una lingua parlata da circa 10 milioni di abitanti in Italia possa beneficiare di un ricco vocabolario grazie ad incursioni del passato.